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Nei secoli scorsi, la peste era un flagello abbastanza frequente, anche presso quelle popolazioni che vantavano livelli di civilizzazione piuttosto buoni. L'Europa non fu certo risparmiata e la nostra regione fu colpita a più riprese. Il fenomeno delle epidemie si ripeteva con una periodicità allarmante e solo con grandi difficoltà, negli anni che seguirono, la popolazione riuscì a porre rimedio ai danni provocati dalla malattia.
All'origine dell'esplosione della peste nel nostro paese e della sua rapida diffusione vi sono diverse cause. La miseria in cui erano costretti a vivere gli abitanti della regione e le carestie che si susseguivano da un anno all'altro indebolivano sempre di più gli individui in età lavorativa, aggravavano la piaga della mendicità e le già precarie condizioni igieniche in cui erano abituati a vivere i nostri avi e aumentavano la frequenza delle requisizioni di bestiame e viveri per mantenere le truppe in transito nella Valle. Oltre a questo, la popolazione era sovente a contatto con i soldati che transitavano dai colli del Piccolo e Gran San Bernardo e che spesso erano portatori di germi e malattie di ogni genere, inclusa la peste.
La peste del 1630: rappresentazione nell'interno della chiesa
I primi casi di peste furono riscontrati a Gignod e Roisan nel 1531. Nel 1545, la malattia fece la sua comparsa anche ad Aosta e i malati furono relegati nelle "isole" della Dora. Nel 1554, il flagello si estese dalla Savoia e dal Piemonte ad Antey, a Montjovet e ad altre parrocchie valdostane, costringendo le autorità ad adottare misure più energiche per arrestare l'epidemia, come l'espulsione di mendicanti, ladri e vagabondi. Nel 1585 fu interrotto il transito verso i colli e le truppe provenienti dagli alpeggi furono costrette a sottoporsi a disinfezione. A seguito della recrudescenza della malattia nel 1598, le autorità costrinsero la gente a bruciare le case e gli oggetti appartenuti alle sventurate vittime.
Nonostante queste misure, il terreno era pronto e la peste invase l'intera Valle. I primi decessi furono registrati a Perloz, ma tra l'estate del 1630 e primi mesi del 1631, il numero delle vittime aumentò in modo impressionante in tutte le parrocchie. I morti non si contavano più e quando anche il parroco del paese veniva colpito dalla malattia (su 90 parroci ne decedettero 50), le liste rimanevano incomplete.
Secondo le poche informazioni reperite, le vittime furono 1400 a La Salle, 560 a Courmayeur, 600 a Sarre e 720 a Cogne.
Secondo una leggenda locale della nostra parrocchia, a La Salle sopravvissero al flagello solo 7 coppie, ricordate da due piccoli quadri di legno intagliato appesi in cima alle due colonne che sostengono l'arco trionfale, tra la navata principale e il coro della nostra chiesa. Le sette teste d'angelo simboleggiano le sette coppie sopravvissute alla peste del 1630. La leggenda continua narrando di queste persone, sopravvissute all'epidemia grazie alla puntura di alcune formiche: abbandonate le loro case, esse si rifugiarono nei boschi dell'envers dove, rotolandosi nude sui nidi delle formiche, assorbirono l'acido formico che le rese immuni alla peste (sic).
Le conseguenze dell'epidemia furono disastrose per l'economia della Valle d'Aosta e soprattutto per il nostro paese, dove la peste aveva infierito più che altrove. Le famiglie erano distrutte e la carenza di mano d'opera nelle campagne creava problemi molto seri che non sarebbe stato possibile risolvere in pochi anni. La grande ondata di immigranti provenienti soprattutto dalla Francia e dal Piemonte che seguì, assicurò il proseguimento delle attività agricole e contribuì a ripopolare l'intera regione.
Prima della peste, la Valle aveva circa 90.000 abitanti (La Salle ne aveva 2.200), mentre dopo l'epidemia il numero scese a circa 20.000. Nell'opera intitolata Peste, fame, guerra - cronache di vita valdostana del secolo XVII, il dott. Marco Ansaldo ci riferisce delle preoccupazioni per la questione del ripopolamento… "Nel 1631 si contavano ancora i morti e già si scatenava una frenetica corsa alla procreazione per ripopolare migliaia di focolari deserti per ridare braccia al lavoro, continuità e fiducia alla vita. Una generosa mano la diedero le centinaia di immigrati chiamati dal Consiglio dei Commessi a lavorare le terre deserte di manodopera. Sangue alemanno, svizzero, savoiardo e lombardo si mescolò al sangue valdostano...". In pochi anni, le comunità valdostane furono ripopolate da nuove vite grazie alle numerose "corse al matrimonio" di cui si ha testimonianza a partire dal 1631. "In dieci anni, grazie alle nuove nascite, la popolazione valdostana ritornò ai livelli esistenti prima della peste".
Le vittime di La Salle dell'epidemia del 1630 furono sepolte in una fossa comune nel champ de la loi, dove oggi sorge la casa famiglia della parrocchia.
Nel 1950, durante i lavori di costruzione del letamaio della casa parrocchiale furono rinvenuti i resti di numerosi scheletri, accatastati ordinatamente sotto terra. Erano i resti delle vittime del 1630. In effetti, i loro corpi non furono sepolti nel cimitero parrocchiale, troppo vicino alle abitazioni, ma più lontano, in campagna, per evitare un eventuale contagio delle persone ancora sane.